21 per annum sabato (Parma)


Tra 5 talenti e 1 talento c’è una bella differenza! Si puo pensare che il Signore (Dio) del vangelo fa delle differenze?
Lo stipendio medio è 23.000 euro per gli italiani mentre è 41.000 dei tedeschi.
I VERI dati sono appunto 29.653 contro 38.000,  Insomma, i tedeschi guadagnano 650 euro in più AL MESE.
Dio non è un rivale della liberta' dell'uomo, ripete spesso il Papa. Eppure tanta gente lo pensa.
Che Dio faccia delle differenze è uno dei pensieri che sta alla base della crisi di fede dei nostri contemporanei.Dio non tratta tutti allo stesso modo, è piu' buono con alcuni che con altri.
Perche' Dio ha scelto il popolo di Israele e non, per dire,  i cinesi?
Qui ( far risalire in Dio le disparita' sociali) si puo' vedere la radice delle tante invidie e rivalita' che stanno alla base di tanti comportamenti.

Come rispondere a questa obiezione ? Intanto bisogna considerare che un talento è una cifra considerevole: lo stipendio di 20 anni di lavoro. (Mi hanno spiegato che un talento non è una monetina: un talento valeva 6000 denari, cioè la paga di 6000 giorni di lavoro, al tempo di Gesù!)
Poi il Vangelo dice "consegnò loro i suoi beni..., secondo le capacità di ciascuno".
Se a me chiedessero di dirigere la Banca d'Italia, probabilmente mi troverei in difficolta', se invece mi chidessero di dirigere una scuola, forse ce la posso fare. Anche tra di noi c'è chi fa il rettore, l'economo, il superiore regionale, e poi chi fa le pulizie. In un certo senso c'è una disparita', che non fa problema se è "secondo le capacità di ciascuno". Noi sappiamo quanti problemi creano gli incompetenti nella vita pubblica che pretendono di fare quello che non sanno fare. Dio non crea ne incopmtenti ne sotto-impiegati.
Una cifra considerevole (diciamo alcuni millioni di euro) mi viene consegnata. Questo vuol dire anche una grossa responsabilita'. Quindi non è difficile pensare che per qualcuno questo diventa una cosa insopportabile. Se mi dicessero di gestire tutti ifondi delle pensioni degli italiani, io direi: hey, aspetta un momento!
Quindi se il <Signore del Vangelo da' "secondo le capacità di ciascuno" questo vuol dire che conosce i suoi servi uno per uno, e da a loro secondo quello che sanno fare. Questo per me e' gia' una grande consolazione. Dio non pretende da me quello che non so fare.
Quindi non è tanto la cifra in se che conta ma come viene usata. Si tratta, per usare i termini dell'economia moderna, di "uguaglianza di opportunita'", non di "uguaglianza di risultato" (dare a tutti 1000 euro).
Uguaglianza di opportunità: alle persone devono essere offerte uguali possibilità di ottenere i beni disponibili.
Uguaglianza di risultati: alle persone devono essere offerte uguali quantità del bene disponibile.
Per fare un esempio: nella societa' moderna uomini e donne hanno (o dovrebbero avere) "pari opportunita'" ma questo non vuol dire che debbano fare le stesse cose.
Uno dei punti da rimarcare in questa parabola è che nessun servo fa fallimento (va in rosso), nessun servo ci perde (noi spesso abbiamo l'impressione di perderci se facciamo secondo la logica di Dio).
Quelli che trafficano il denaro ricevuto ottengono un profitto. In altre parole, i doni di Dio, se vengono usati, creano sempre un profitto, una crescita. E credere questo e' la caratteristica del servo buono.
Questo vale anche per l'attivita' della Chiesa. La Chiesa, i credenti, i missionari, di suo non hanno niente, hanno tutto ricevuto da Dio. E se credono, avranno risultati superiori ad ogni aspettativa.
Dio mi ha concesso la vita, e con la vita, che è un dono, mi ha assegnato un compito: il bene mi è semplicemente affidato, bene di cui sono personalmente responsabile.
Il primo dei beni che ho davanti a me, sono io stesso. Non sono io il padrone della mia vita, essa mi è stata concessa da Dio, ed egli me ne farà rendere conto, come il padrone del Vangelo che, al ritorno dal suo viaggio, chiamò i suoi servitori affinché rendessero conto dei beni ricevuti da lui.
Vi sono delle persone che non credono alla vita, che non credono al compito che Dio ha loro assegnato, e sotterrano così il loro talento, la loro vita nella sabbia di un egoismo prudente. Per loro vivere è aspettare la vita. Dio li condanna.
Altri, più audaci, fanno saggiamente prosperare il dono divino, e lo moltiplicano. Dio mi ha dato la vita, affinché io moltiplichi i beni sulla terra, affinché io trovi, per mezzo di questo lavoro, un senso alla mia vita, e scopra la mia vocazione, cioè il bene che Dio mi dà da compiere. Se non sotterro la mia vita nella sabbia e ho l’audacia di accogliere i doni di Dio, posso nutrire la speranza che egli mi approverà.
Molte persone non credono in se stesse, perché hanno sotterrato i loro talenti. Soltanto la fede nel Dio vivente ridà all’uomo la fede nella vita, poiché questa fede non è nient’altro che la fede nel bene che Dio mi ha dato da compiere, e che spesso si dimentica.
"Ci sono molti modi di essere presenti. Se due alberi si trovano l'uno vicino all'altro, sono presenti l'uno all'altro, ma in un senso del tutto esteriore ed imperfetto. Non sanno nulla l'uno dell'altro, non si preoccupano l'uno dell'altro e, nonostante la loro vicinanza, rimangono estranei l'uno all'altro.
La presenza nel vero senso della parola comincia solo nel momento in cui due esseri si conoscono spiritualmente e si mettono l'uno di fronte all'altro consapevolmente. Ciò permette loro di avere interiormente una sorta di immagine l'uno dell'altro, per cui l'altro ha, per così dire, una seconda esistenza in colui con il quale è in rapporto. E se una presenza di questo genere è mantenuta nella maggior parte delle persone che si incontrano, essa può diventare una realtà potente in chi ci conosce e ci ama. L'immagine dell'altro che ognuno porta in sé è, per così dire, carica di realtà. Anche la solitudine può essere piena della presenza dell'altro" (Balthasar).

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