Certo. Ecco un’omelia che collega il tema dei “lupi rapaci” (At 20,29…

Certo. Ecco un'omelia che collega il tema dei "lupi rapaci" (At 20,29) con la ferita degli abusi nella Chiesa, mantenendo un tono di verità, speranza e responsabilità evangelica:


Omelia – "Lupi rapaci nel recinto"

«Vegliate, perché dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge» (At 20,29).

Queste parole di san Paolo, pronunciate con le lacrime agli anziani di Efeso, sembrano profetiche anche per noi oggi. È difficile non sentirvi un'eco drammatica della sofferenza che la Chiesa ha vissuto — e continua a vivere — a causa degli abusi commessi da alcuni suoi membri, anche da persone consacrate.

I "lupi rapaci" di cui parla Paolo non vengono da fuori. Non sono i nemici visibili, quelli che la comunità si aspetta di affrontare. Sono dentro. Sono travestiti da pastori, ma usano la loro autorità non per custodire, bensì per distruggere. Cercano i piccoli, gli indifesi, quelli che avrebbero dovuto essere amati, protetti, nutriti. E li sbranano.

Per anni, troppo spesso, queste ferite sono state nascoste, minimizzate, coperte da silenzi complici o da una logica clericale. Ma la verità non si seppellisce. E le lacrime delle vittime salgono al cielo, come il sangue di Abele.

Gesù, nel Vangelo di oggi (Gv 17), prega il Padre:
"Custodiscili nel tuo Nome… Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal Maligno".

Questa preghiera è un grido d'amore e un mandato: la Chiesa non è un rifugio per chi vuole potere, ma un luogo dove si custodisce la vita. La Parola che abbiamo ricevuto è verità, e non possiamo più permettere che venga deformata per proteggere strutture malate.

Nel suo discorso, san Paolo non solo mette in guardia, ma affida la comunità a Dio:
"Vi affido a Dio e alla parola della sua grazia, che ha il potere di edificare".

Oggi la Chiesa ha bisogno proprio di questo: di ritornare alla Parola che edifica, alla grazia che purifica, alla giustizia che non ha paura della verità. Perché se c'è una cosa più grave dell'errore, è il rifiuto della conversione.

Ma attenzione: non basta denunciare i lupi. Dobbiamo anche diventare custodi, come Gesù. Ogni battezzato ha la responsabilità di vegliare. Ogni comunità ha il dovere di formare cuori puri e vigilanti. Ogni autorità nella Chiesa ha l'obbligo morale di non proteggere se stessa, ma il più piccolo tra i fratelli.

E allora, mentre preghiamo per le vittime — che spesso hanno perso non solo l'innocenza ma anche la fede — chiediamo al Signore di consacrarci nella verità. Non nella convenienza, non nella paura, ma nella verità che libera, nella verità che guarisce.

Perché solo così la Chiesa potrà tornare a essere davvero ciò che è chiamata a essere: madre, e non matrigna; casa, e non tana di lupi.


Se desideri, posso aggiungere riferimenti a documenti ufficiali della Chiesa (es. Vos estis lux mundi) oppure trasformarla in una versione più breve per uso liturgico.

iPadから送信

Ecco una breve omelia sui testi che hai indicato (At 20,28-38; Sal…

Ecco una breve omelia sui testi che hai indicato (At 20,28-38; Sal 67; Gv 17,11-19):


Omelia

Cari fratelli e sorelle,

oggi la Parola di Dio ci mette davanti due immagini fortissime: da una parte quella di San Paolo che affida la comunità di Efeso a Dio, con parole cariche di amore e di responsabilità; dall'altra, quella di Gesù che prega il Padre per i suoi discepoli, perché siano custoditi nel suo Nome e consacrati nella verità.

Nel libro degli Atti, Paolo parla con il cuore in mano: sa che sta per andarsene, forse per sempre. E cosa fa? Non lascia un piano di gestione, né distribuisce ruoli amministrativi. Affida tutto a Dio e alla parola della sua grazia. È questa la vera forza che edifica la Chiesa: non l'organizzazione, ma la fedeltà alla Parola, il legame vivo con Dio. Paolo mette in guardia contro i "lupi rapaci" e contro la tentazione più subdola: quella di usare la fede per attirare discepoli a sé, anziché condurli a Cristo. In questo, l'umiltà dell'Apostolo è esemplare: ha lavorato con le proprie mani, non ha cercato vantaggi, ma ha testimoniato che «si è più beati nel dare che nel ricevere».

Il Vangelo di Giovanni ci mostra invece Gesù in preghiera: è un momento intimo, profondo. Gesù non ci toglie dal mondo — perché il mondo, pur con le sue sfide, è il luogo della missione — ma chiede che siamo custoditi e consacrati nella verità. Il discepolo è colui che vive nel mondo senza appartenere al mondo. È mandato come Gesù è stato mandato: non per condannare, ma per portare luce, verità, unità.

Ecco allora il filo rosso che unisce questi testi: custodire e consacrare. Paolo ha custodito il gregge, ora lo affida a Dio. Gesù ha custodito i suoi, ora li affida al Padre. Noi siamo continuamente nelle mani di Dio, eppure siamo anche chiamati a vegliare, ad ammonire, a edificare. Non da soli, ma con la forza che viene da Dio.

Il Salmo lo canta con entusiasmo: "Sia benedetto Dio che dà forza e vigore al suo popolo". È questa la nostra eredità, la nostra gioia: essere un popolo custodito, mandato e unito nella verità.

Che questa Parola oggi ci rafforzi nella vigilanza, nell'unità e nel dono gratuito di noi stessi.

Amen.


Se desideri un'estensione, uno stile più colloquiale o più solenne (ad esempio liturgico o catechetico), posso adattarlo.

iPhoneから送信